Mazzarri e l'Inter: normalizzazione e risultati

L'imminente ritiro che avrà inizio l'8 luglio ad Appiano Gentile sarà un appuntamento che permetterà ai tifosi nerazzurri di calarsi finalmente in una nuova dimensione, per ora accolta con un misto di freddezza e scetticismo, in particolar modo perchè a lavorare sulla ricostruzione vi è ancora un Marco Branca in piena forma, rimasto saldamente al suo posto nonostante pesantissime accuse di incapacità professionale. Tralasciando per ovvietà e convenienza un argomento fin troppo spinoso e controverso e che meriterebbe un approfondimento a parte, è meglio concentare l'attenzione sulle ambizioni del nuovo allenatore, per comprendere meglio aspettative e possibilità di riuscita di un progetto davvero molto interessante. Il primo obiettivo sul quale Mazzarri ha posto l'accento fin dai primi, convincenti, incontri (anche quelli pre-matrimoniali) con Moratti è chiaramente quello di lavorare con maggiore costanza sugli aspetti più decisivi, incisivi e più trascurati delle precedenti gestioni (preparazione fisica, identità tattica), allo scopo di consegnare un'Inter che a nastri di partenza si presenti competitiva, organizzata e che non patisca troppo l'avvio anticipato della stagione.
Tornare il prima possibile a calcare i campi europei, centrare (possibilmente al primo colpo) la qualificazione all'Europa che davvero conta, rimane comunque lo sforzo più sostenibile e verosimile per una squadra ancora tutta da inventare e verificare, che potrà probabilmente stupire o andare al di là dei pronostici più ottimistici. La conquista di una vetrina europea, più dell'ingresso dei capitali di Thohir, rappresenta dunque il trampolino di lancio ideale non solo per ritrovare un minimo di visibilità e caratura internazionale, ma l'argomento più appetibile se si vorrà puntare a convincere di nuovo i cosiddetti top player a vestire la maglia nerazzurra in un futuro non troppo lontano.
Scopi che richiamano quelli che convinsero De Laurentiis ad affidarsi al mister di San Vincenzo quattro anni fa, portati brillantemente a compimento col secondo posto di quest'ann0 e una Coppa Italia vinta meritatamente sulla Juventus.
Dall'avventura con Mazzarri sulla panchina interista non dobbiamo aspettarci un approccio mediatico e sul campo magnetico o troppo al di sopra delle righe, come spesso succedeva con Mourinho, nè uno stile di gioco entusiasmante, spettacolare o rivoluzionario. Mazzarri infatti incarna più di ogni altro la normalità di un tecnico che si è costruito in provincia, il cui successo professionale è legato più al lavoro che alla brillantezza del talento in sè. Ecco perchè si è giunti a scegliere senza troppi indugi un allenatore come l'ex Napoli: più disponibile ad aprirsi ai concetti di meritocrazia, di lavoro di squadra, propenso a tagliare col passato e a sacrificare senza troppi dubbi gli egoismi individuali per il bene e la salvaguardia degli equilibri interni al gruppo.
Mazzarri del resto non è un allenatore collocabile nella fascia d'elite della categoria, di quelli che stimolano la fantasia più di quanto sia lecito fare, ma, vuoi anche per la situazione contrattuale, eppure era l'unica via percorribile per invertire una rotta che ha preso una piega del tutto inaspettata. Un piccolo capolavoro di autocoscienza sportiva da parte di un Massimo Moratti combattuto fino all'ultimo nel premere il tasto di input al nuovo corso, ma motivato finalmente a restituire all'Inter un piccolo spiraglio di normalità.