Lazio-Inter 1-0: nessun futuro per questa Inter

07.01.2014 11:42
 
Mai vista un'Inter così brutta, povera e priva di idee e identità come quella vista ieri sera all'Olimpico, contro la Lazio. Mai vista uan squadra così fiacca, triste, capace di riportare a casa una sconfitta imbarazzante dopo una prestazione per lunghi tratti inguardabile, o meglio, sconcertante. Per di più di fronte ad una formazione, la squadra di Reja, che con un cambio in corsa aveva molti più interrogativi e dubbi da sciogliere rispetto ad un'Inter che, invece, a Natale ci è arrivata tranquilla, con un derby vinto (meritatamente) e qualche indicazione in più su quella che poteva essere la formazione migliore per giocarsi fino in fondo questo campionato. 
Due punte e Kovacic in campo, ma dal '1: una mossa a gara in corso che ci ha permesso di portare a casa tre punti con il Milan e chissà, avrebbe potuto scrivere un finale diverso anche ieri sera se Mazzarri avesse più coraggio di osare e meno di cercare equilibri che finora non ha trovato. Pare addirittura troppo ambizioso schierare due attaccanti e qualche uomo di qualità in più in mezzo al campo, anzichè affidarsi ad un Kuzmanovic qualsiasi. Ma siamo comunque nel campo delle ipotesi, perchè l'ingresso del croato e quello di Milito, seppur tardivi concettualmente, non hanno datto nulla in più alla squadra. Anzi. Il problema di fondo è un altro: questa è una rosa che merita la classifica che ha perchè non può fare di più di quello che sta facendo. Dietro il Verona e ad otto punti dalla zona Champions: può essere questo l'ennesimo anno zero?
Lo splendido tacco-gol di Palacio nel derby aveva fatto dimenticare per un pò ai tifosi interisti, i primi a patire la penuria di una squadra al limite della vergogna, il calvario che sarà questo ennesimo campionato di serie A. Predire quello che sarà il futuro è sempre complicato ma in questo caso non è difficile. Ieri sera, siamo tornati dolorosamente sulla terra e a confrontarci, per l'ennesima volta, con la miseria di una squadra ridotta ai minimi storici: i (presunti) miracoli di Mazzarri sono finiti da un pezzo, la vena di un ritrovato Alvarez si è spenta sul più bello, gli esterni, arma in più ad inizio stagione, ora attaccano poco e male, Kovacic è sempre più in oggetto misterioso se impiegato ad intermittenza e senza un gioco che lo valorizzi e Guarin, quello che dovrebbe sostenere Palacio, in realtà, si perde in un gioco al massacro contro sè stesso.
 
Non è questa l'Inter che ci aspettavamo dopo i primi due, confortanti, mesi di campionato, nei quali forse ci siamo illusi un pò troppo sulla bontà di questo progetto in mano a Walter Mazzarri: se la rosa è questa, aspettiamoci altre partite come quelle di ieri sera. Logico. Almeno fossero buone a smuovere una dirigenza che già in questa finestra di mercato dovrà dare delle risposte serie e concrete: non basta D'ambrosio, non basterà il colpo last minute per coprire alla meno peggio le caselle rimaste scoperte in estate, non basta nemmeno più lamentarsi degli arbitraggi se in '90 minuti i tiri in porta sono stati due o tre, tutti fuori misura.
Moratti ha davvero lasciato una patata bollente ad Erick Thohir, probabilmente la peggiore Inter della storia in termini tecnico-tattici. C'è poco da dire sulla sconfitta di ieri sera perchè il canovaccio della gara è stato così chiaro che ulteriori commenti sarebbero a dir poco superflui. 
Meglio parlare del futuro: serviranno anni, chissà quanti, prima di rivedere una squadra decente, capace di giocarsi lo scudetto, capace di riproporsi come protagonista in Europa (quella che conta), attrarre a sè i migliori top player come fu con Mancini e Mourinho, annate tanto vicine eppure così lontane da questa nuova era. Che nei numeri appare essere ancor più negativa di quella disgraziata e sfortunata di Andrea Stramaccioni che, esattamente dopo lo stesso numero di gare, aveva quattro punti in più di questa Inter ed aveva umiliato la Juventus nel suo stadio, una soddisfazione che resterà nella storia. 
Possibile non accorgersi delle clamorose mancanze di questa rosa? Un mercato, quello estivo, a conti fatti totalmente fallimentare: tanti nomi possibili e invece sono arrivati, tra l'altro a peso d'oro, Belfodil (per Cassano), Icardi, Rolando, Taider, la creme de la creme delle squadre di provincia, mentre la Juventus con pochi spicci si accaparrava Carlos Tevez, assoldava Llorente, portava a Torino Pogba e con una decina di milioni si è portata a casa un fenomeno come Arturo Vidal. Insomma, sempre gli stessi errori, sempre la stessa politica miope e inconcludente, che ci lascia ancora una volta sgomenti e arrabbiati per tutto quello che hanno fatto a questa società chi, invece, avrebbe dovuto farne il bene e gestire la transizione in maniera equilibrata prima di lasciare. Ci sono state lasciate solo macerie. 
 
Perchè è vero che per fare una buona squadra non servono una montagna di quattrini ma idee, tempismo, programmi e voglia. Quella che all'Inter manca ormai da un quadriennio, ingiustificabile nei risultati, nell'approccio alla gestione societaria, in tutto quello che caratterizza un grande club come dovrebbe essere quello nerazzurro. Ci sono poche medicine in grado di curare un simile stato di cose, l'unica sarebbe quella di investire, ma bene, i propri soldi, cercando di accontentare tecnico e tifosi con giocatori che siano da Inter. 
Basterebbe poco eppure è molto, di questi tempi.
La gara di ieri è la fotografia esatta della gestione post-Triplete: siamo tornati indietro di dieci anni, o forse di più, quando con il Moratti innamorato a suo modo dell'Inter, si scaricavano allenatori, si acquistavano giocatori inutili alla causa, costantemente presi di mira dal pubblico. I Ranocchia, i Taider, i Rolando e i Nagatomo solo per citarne alcuni, sono l'esatto opposto dei calciatori che si dovrebbero vedere all'Inter, perchè la lezione degli ultimi anni ci ha insegnato che per vincere c'è bisogno di campioni. 
Il compito che avrà la nuova proprietà non è semplice: ridisegnare la fisionomia di una società, in campo e fuori, restituirle identità, dignità, ambizioni sarà un'impresa titanica perchè adesso, di futuro, di progetti, di cicli vincenti parlarne è vera e propria utopia.