Inter Roma: una lezione per crescere

08.10.2013 15:14
 
Il motivo d'interesse che caratterizzava di più la sfida tra Inter e Roma era, soprattutto, quello di verificare, da una parte e dall'altra, quale delle due squadre fosse quella più pronta ad assumere le vesti di terza incomoda nella lunga corsa ad uno scudetto che, pronostici alla mano, è considerata da tutti una questione "a due" tra Juventus e Napoli.
Cercare di capire dunque quale dei due "progetti" fosse quello più credibile in termini tecnici tanto da poter rappresentare un'insidia e un'alternativa concreta alle squadre allenate da Conte e Benitez: dopotutto, infatti, le sei gare vinte consecutivamente dai giallorossi hanno obbligato i tifosi e chi, più in generale, segue il calcio, ad allargare i propri orizzonti e a rivedere le proprie convinzioni; e nondimeno anche il percorso nerazzurro ha ribaltato in un certo senso quelle che erano le opinioni più comuni sulla squadra e le sue reali possibilità: ingredienti buoni a fare di Inter-Roma un vero e prorpio confronto tra due big inaspettatamente rinate e pronte al grande salto.
Tra le altre cose, inoltre, la scusa di un calendario fin qui troppo poco impegnativo era l'accusa principale mossa ad una squadra, la Roma, che, personalmente, mi è parsa subito una delle favorite perchè caratterizzata da un mix equilibrato di gioventù ed esperienza, tecnica e forza fisica che non si vedeva da tempo: una squadra che, sulla carta, si pone, oggi più di ieri, tra le prime tre del torneo (se si considera la qualità dei calciatori a disposizione) alla quale solo il tempo avrebbe dato ciò che merita. Di sicuro lo vedevo come un test molto impegnativo, dal quale però non trarre conclusioni troppo azzardate, fuorvianti e troppo premature: nessun eccesso di esaltazione in caso di vittoria, nè lasciarsi andare al comportamento opposto, in caso di sconfitta.
Il messaggio giunto da S.Siro, purtroppo, è giunto infatti forte e chiaro: tra la squadra di Mazzarri e quella allenata dall'ex Lille, quella che, allo stato attuale dei lavori (dunque in termini tecnici, tattici, di maturità) risulta essere la migliore è sicuramente quella allenata dal tecnico francese, capace di un lavoro di ricostruzione stupefacente e che fin qui è andato al di là delle più rosee aspettative. Del resto, trasformare la Roma (e Roma) dalle macerie lasciate da Luis Enrique prima e Zdenek Zeman poi, da quelle di un derby perso (finale di Coppa Italia), restituendo allo stesso tempo dignità, credibilità, a giocatori depressi, insultati e umiliati dai tifosi stessi e pronti a salutare la capitale senza troppi rimpianti, non è cosa da poco, nè da tutti.

La vittoria a Milano mette in mostra, oltre che al risultato, cinismo, carettere e una cura per i dettagli fuori dal comune, e fa sì che questa nuova Roma possa davvero ambire alla vittoria del campionato, ma solo se, da qui alla fine, dimostri di esser capace di gestire pressioni e aspettative che, nel recente passato, ha spesso disatteso clamorosamente.
Detto questo, per quanto riguarda l'Inter, sarebbe opportuno sottolineare che la sconfitta subita non può essere nè un ridimensionamento (perchè pregi, difetti e limiti tecnici di questa squadra sono conosciuti da tempo e nessuno mai credo sia sia fatto delle illusioni), nè tantomeno un pericoloso campanello d'allarme (perchè si trattava di una partita importante ma che non sconfessa in toto il lavoro di Mazzarri): può invece essere considerato un incidente di percorso paradossalmente salutare, decisivo a stimolare il tecnico e i suoi uomini a proseguire sulla strada di un duro lavoro di ricostruzione con maggiore impegno, dedizione alla causa, consapevolezza di un momento nel quale tutto è buono per crescere e migliorare.
Perchè, risultato a parte, l'andamento del match di sabato non giustifica del tutto un passivo così pesante nè dunque chi, dopo aver esaltato la squadra per alcune prestazioni di ottimo livello, si è lasciato andare alla malinconia, ad un triste e immotivato disfattismo (la cronaca infatti parla chiaro: dopo la rete siglata da Totti con il primo tiro in porta del match, lo sfortunato tiro di Guarin stampatosi sul palo e il rigore fasullo concesso ai giallorossi, sono stati i due pesodi chiave capaci di stroncare le speranze di rimonta e chiuso anzitempo una partita equilibrata, ma a tratti dominata dai nostri).
Il lavoro di Mazzarri dovrà ora tenere conto di questa dura lezione, cercando nel minor tempo possibile di dare alla squadra una maggiore vocazione offensiva, cercando in sostanza un graduale e sempre più progressivo inserimento di qualità in campo a dispetto di un'approccio per certi versi troppo rinunciatario, a partire dalla formazioni fin qui schierate dal tecnico: l'inserimento di Kovavic e di un'altra punta, in attesa, chissà, dei rinforzi di gennaio, sono due passi decisivi per poter legittimamente pensare di essere arrivati ad un punto di svolta nel processo di crescita collettivo, nell'accrescimento dell'autostima, nonchè, più praticamente, in termini di mentalità e approccio tattico alle gare.

Perchè se è vero da una parte che il lavoro di Mazzarri è stato fin'ora teso, a ragione, a garantire alla squadra equilibrio e solidità tra i reparti, dall'altra, è vero che questo non debba divenire un dogma e dunque trasformarsi in un'eccesso di prudenza che rinvii oltre il dovuto l'utilizzo di un atteggiamento più ambizioso, per squadra e ambiente.