Il Milan del "dna" europeo, Galliani out e le prese in giro del Cavaliere
29.11.2013 11:11
E' tanto strano quanto curioso il momento vissuto in casa Milan, tanto in campo quanto fuori: da una parte infatti la crisi tecnica e di risultati ormai divenuta cronica, e che la solita manfrina del "noi abbiamo il Dna europeo", a seguito della vittoria (che non scaccia la crisi) riportata a Glasgow, non può in realtà nascondere la povertà di una squadra, di un gruppo, ormai giunto al capolinea, sostanzialmente da rifondare, a partire dall'esonero di un allenatore mai amato dai vertici (in primis da Berlusconi); dall'altra la crisi societaria, con la parabola del presidente decaduto in politica e del suo vice in società (Galliani) anch'esso frullato nella faida interna al club con la figlia del presidente, dunque quasi fuori dai giochi in quello che sarà il nuovo assetto del Milan ovviamente targato Barbara Berlusconi.
Non basteranno dunque i soliti refrain restaurati ad arte e tirati fuori al momento del bisogno (sempre più numerosi) a salvare i rossoneri da una stagione che ha preso ormai una piega più che deludente, anche se la vittoria riportata sul Celtic a qualcuno (anche se a pochi) è apparsa come un netto segnale di ripresa che, purtroppo, dovrà ancora trovare conferme e riscontri sul campo da qui alla sosta natalizia (almeno).
In realtà, come dicono i tifosi, il "Milan di Zapata e di Constant" non potrà avere vita lunga se continueranno ad essere questi i presupposti dentro e fuori dal campo, nè potrà vivere ancora molto su questi sporadici expolit che squarciano di tanto in tanto un andazzo consolidato e difficile da invertire. Non si può esultare senza considerare di essere ancora in piena zona crisi, anche se in questo caso interviene la rivalità tra l'ormai ex ad rossonero e Barbara Berlusconi, con il primo che (come dirò in seguito), ormai meso alla porta, sta spendendo le ultime occasioni buone per ribadire con forza la bontà del suo operato. E sempre per sconfessare la teoria "del dna europeo", che in questa stagione vale se incontri il Celtic e non se capiterà di affrontare Bayern Monaco o Real Madrid nel turno successivo, avrà bisogno di investimenti in serie per tirarsi fuori dalla penuria attuale.

Eppure Galliani ai microfoni di Sky sport ha saputo dire tutto il contrario, sfruttando a pieno regime l'enfasi della vittoria ottenuta in terra scozzese per prendersi una piccola, temporanea (è bene sottolinearlo) rivincita anche sui supporters sul piede di guerra, per ribadire impunemente la bontà di un progetto sportivo che in realtà non esiste. Rispolverando la vocazione che valeva in un passato che, come detto poco prima, ormai non c'è più. Una vera e propria presa in giro. Così come è difficile sentir parlare di "crisi Milan", nonostante una classifica da brivido e un girone di Champions non ancora superato. La verità è che nel calcio moderno contano sempre di più i soldi, le idee, e soprattutto la voglia di mescolare questi ingredienti per poter competere con quello che offre al momento il panorama europeo in termini di avversari, ovvero fiori fiori di squadroni attrezzatisismi, ricchissimi e con gestioni all'avanguardia.
Fossi in Galliani penserei infatti a quel "Milan di Berlusconi", che lui ha voluto ampiamente sottolineare in tv davanti a milioni di tifosi rossoneri, che in termini di prestigio e qualità è distante anni luce da quello attuale.
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Millantare competitività, lungimiranza gestionale se hai acuistato Matri per 12 milioni in un reparto coperto dai vari Balotelli, El Sharaawy, Niang, Robinho, Kakà, è da sciocchi perchè il campo riesce sempre a sentenziare in modo coerente e molto spesso inequivocabile quello che è la caratura squadra, i suoi pregi e i suoi difetti, nonchè quella che è la gestione societaria del momento, spezzata in due da una lotta al potere evidentissima. Eppoi a smascherare le noiose incongruenze tra quelle che sono le dichiarazioni di facciata circa obiettivi e ambizioni del club di quest'anno, mai veritiere, dovute solo a mantenere alta l'immagine del club "più titolato al mondo" nonostante l'evidenza, con quelli che in realtà sono gli obiettivi concretizzabili e che possono essere accostati ad una squadra ai minimi storici.
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